Anlc Toscana: Emergenza ungulati
Non è stato facile, come Associazione Venatoria, prendere una posizione che potesse conciliare le esigenze dei propri iscritti in merito alle decisioni che la Regione Toscana intende mettere in campo per combattere l’emergenza ungulati, cinghiale in primis. Gli animali sono troppi, causano troppi danni alle colture e incidenti stradali (sempre di più) con conseguenze talvolta mortali per gli automobilisti.
Una Legge-obiettivo: in tre anni i cacciatori Toscani devono dare una risposta pratica, che porti ad un risultato concreto e cioè una drastica riduzione del numero attualmente abnorme di ungulati.
Si è parlato, in Regione, di questo tema, nel pomeriggio di lunedi scorso. L’Assessore Remaschi di fronte ai rappresentanti del mondo venatorio e agricolo: braccate, girate, forme singole, zone bianche, zone vocate, distretti, selecontrollo. Esigenze primarie dei rappresentanti degli Agricoltori, esacerbati dall’esercito di cinghiali che mette a repentaglio i frutti del loro lavoro. Un paio di ore di discussione su un documento che, dopo l’esame dei diretti interessati deve passare l’esame della Giunta e del Consiglio Regionale, dove ognuno vorrà dire la sua e si può stare sicuri che i politici potranno apportare modifiche tali da stravolgere e inificiare tutto un lavoro di mesi, da parte di chi poi sarà quello che “calcherà” il terreno di caccia e si troverà come al solito a dover sottostare a misure talvolta incomprensibili, il tutto sotto la supervisione dell’Ispra, ed il che è tutto dire.
Quello però, che ci ha lasciato esterrefatti è che in tutto il tempo in cui si è dibattuto di come far fuori il più alto numero possibile di selvatici, non sia stata detta una parola sul cuore della discussione: le zone protette, la miriade di divieti scaturiti da una moda che fu trascinante negli anni passati e che ancora fa gola a molti: la “Parcomania”. Che cosa facciamo del numero abnorme stavolta non di ungulati ma di ettaraggio inibito alla caccia? Lo capiscono anche i bambini, non c’è bisogno di essere Buffalo Bill o Indiana Jones o il più esperto cacciatore del mondo: il “mucchio grosso” della prolifica di queste specie che devastano campi coltivati e vigneti di pregio si rifugia là dentro, dove nessuno gli dà noia. Parchi e parchetti, oasi, foreste demaniali, bandite. Secondo uno studio ormai anche parecchio datato dell’ATC Livorno 9, tanto per fare un esempio, il territorio agro-silvo-pastorale a divieto di caccia della Provincia di Livorno arriva quasi al 60%, con buona pace dei dettami della Legge 157 che fissa al 30% massimo il divieto di caccia. Vuol dire che in Regione, a parte qualche braccatella-contentino che si potrà fare sotto rigido controllo ISPRA dentro le zone protette, si è parlato e si parla da mesi e si parlerà in Consiglio regionale, SOLO DEL RESTANTE 40%. E con questi auspici, chi è che crede che la Legge-Obiettivo porterà all’Obiettivo? Come al solito, mai una parola contro gli Organismi di Gestione dei Parchi. La legge già prevede che debbano gestire le aree interessate dai divieti, ma nulla negli anni è stato fatto. Nessuno che presenti loro il conto, che li accusi di inerzie ed omissioni. Il loro atteggiamento sprezzante nei confronti del mondo venatorio ha portato a questo disastro, ma nessuno, tanto meno la Regione che ne avrebbe la possibilità, li ha chiamati al tavolo dell’emergenza a spiegare il perché della loro latitanza, né a fornire soluzioni concrete ed economicamente sostenibili. I cacciatori debbono fare la loro parte, e il loro senso di responsabilità è ben noto, ma i Presidenti e i Direttori delle Aree Protette, cosa faranno? Si chiuderanno come al solito in sdegnosi rifiuti e silenzi? E’ il momento che la Regione intervenga con durezza verso questi atteggiamenti non più tollerabili a fronte di persone che muoiono e di economie distrutte.
Noi che siamo dentro al problema conosciamo già il risultato. E gli Agricoltori esacerbati, perché i loro rappresentanti non pressano anche loro con dovuta forza su questo tasto? Non sarebbe cosa buona e giusta che siano gli Enti Parco e chi gestisce ogni zona a divieto di caccia a pagare i danni, e non solo nella ridicola “fascia dei 200 metri”. Gli ungulati non hanno il gps; spaziano e devastano per chilometri. Si dice che l’Ispra, su questo tema sia sorda come una campana: irremovibile. Il principio della caccia nei Parchi è tabù. Il primo politico che affronta il problema è finito: carriera bruciata; una torcia umana che si aggira frai banchi del Consiglio Regionale o del Parlamento.
Su questo tema, sul rifugio sicuro che i Parchi costituiscono per cinghiali e cervi e caprioli, la Libera Caccia non mollerà la presa. Se si affronta questo tema con serietà e volontà di arrivare davvero alla drastica riduzione auspicata, forse possiamo farcela. Diversamente sarà tutto inutile.
Alessandro Fulcheris
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Comments (4)
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BRAVISSIMO ALESSANDRO, FINALMENTE UNA VOCE COMPETENTE E PREPARATA.
Mi sono commosso… Mi viene da piangere !
In merito alla percentuale di territorio sottratto alla caccia, se la Regione Toscana piange,la Regione Lombardia grazie alle giunte regionali degli anni 80 rosso/verdi,di certo non ride.
un caro saluto
Come al solito il bla bla è all’ordine del giorno. Questi politici ci prendono in giro, si sono inventati ancora studi scientifici per contare il numero dei selvatici per cui risorse con i denari dei cacciatori e qualcuno ci ingrasserà. Bastavano poche norme in aggiunta a quelle già esistenti. Gli ATC sono a conoscenza dove avvengono sistematicamente i danni e di conseguenza agire miratamente. Le associazioni degli agricoltori devono montare sul carro dei cacciatori e insieme decidere cosa fare e non lamentarsi sempre. Nel mondo agricolo ci sono moltissimi cacciatori si confrontino con loro su come agire. Il mondo venatorio è pronto a dargli una mano e a risolvere il problema. La caccia esiste se esiste l’agricoltura e pertanto devono essere con i cacciatori.