Editoriale: Riflessioni
Riflessioni
Editoriale Cacciare a Palla novembre 2014
Sono anni ormai che il mondo venatorio vive sul filo del rasoio; troppe le incomprensioni con il resto del mondo, troppo poca la corretta informazione; troppe le divisioni interne, vissute con violenza davvero incomprensibile (ne sono stato anni addietro vittima e so bene di cosa sto parlando). Chiaramente io non intendo consigliare di mantenere un profilo basso per non incappare nelle solite aggressioni costruite sul nulla, questo è un atteggiamento che ho sempre combattuto, però l’estremismo, l’aggressione verbale non servono a nulla, se non a rendere la distanza che ci separa da un mondo che non ci comprende sempre più abissale. E mano a mano che questa distanza si ingrandisce, più ci isoliamo nel nostro mondo, certamente pregno di contenuti validi, di conoscenze dirette delle problematiche che interessano il mondo naturale, di passione e amore per i nostri territori e per gli animali che li popolano, ma senza più nessuna possibilità di spiegarlo, di rendere partecipi quei pochi che potrebbe capire.
Comprendo anche, però, che dopo decenni di ricerca di un dialogo, che qualche volta pareva aver funzionato, con documenti firmati congiuntamente da sodalizi venatori e ambientalisti, nella realtà non è mai cambiato nulla. È necessario essere chiari una volta per tutte: qual è la percentuale di cacciatori che ha davvero compreso il significato di caccia di selezione, di prelievo selettivo? Sono stato annichilito testimone di discussioni in cui questa “creme” della caccia (i selecacciatori) asseriva che andando a caccia in periodi in cui non c’erano molti altri occhi in giro, potevano sparare a ciò che volevano, correndo rischi davvero minimi. Agghiacciante. In montagna il bracconaggio è in forte aumento, non conosco (bene) le realtà appenniniche, ma credo la situazione non sia tanto differente. Che dire… la prima cosa che mi viene in mente è quella di chiudere la caccia e ripartire da zero, ridisegnando territori e riformando cacciatori.
Ma potrebbe essere davvero una soluzione? Io credo che senza controllo (perché è così, il controllo non esiste, non certo per colpa dei controllori: nel CA dove caccio attualmente, che supera i 70.000 ettari, sono impegnati nella sorveglianza due o tre guardacaccia, che hanno mensilmente un budget di 50 euro di benzina…) dopo un paio d’anni si ritornerebbe alla situazione attuale.
Privatizzare la caccia? Certo, potrebbe essere una soluzione per dare finalmente il giusto valore alla selvaggina. E organizzando la privatizzazione in modo non esclusivamente speculativo, l’esborso per il cacciatore non verrebbe a essere così differente rispetto a ora (parlo di CA, quindi di quote di partecipazione e del costo dei piani di tiro per gli animali).
Ma in regioni dove la grande selvaggina viene praticamente regalata, e non mi inoltro nella situazione in cui versa la caccia collettiva al cinghiale (certo, non dappertutto, esempi di gestione virtuosa ne abbiamo sotto gli occhi, per fortuna, parecchi), tonnellate di ottima carne portata a casa a costo zero, come sarà possibile far comprendere che la gestione costa e che è necessario un esborso leggermente maggiore per fare in modo di poter lavorare sul territorio, che è l’unica soluzione immaginabile per poter offrire una caccia di qualità?
In ogni caso, qualsiasi soluzione, anche la più corretta formalmente e praticamente, mirata certo a una caccia buona, ma anche e soprattutto alla conservazione degli habitat e degli animali, verrà attaccata da qualche associazione che non vede oltre la punta del proprio naso e bloccata da un TAR che talvolta sembra un po’ troppo di parte.
Che dire. Chi vivrà vedrà (fra una decina d’anni suppongo e spero che vivremo una situazione venatoria completamente diversa, non fosse altro per la drastica diminuzione numerica cui andremo incontro).
Per chiudere con una nota di speranza, voglio farvi partecipi di uno scritto che mi porto sempre nel porto d’armi, ritagliato mille anni fa non mi ricordo nemmeno da quale pubblicazione. Intanto, come sempre, in bocca al lupo a tutti.
La caccia non è uno sport. Bisogna dissipare questo equivoco. E non nel senso che manchi l’agonismo o il rispetto dell’avversario. La caccia si colloca al di sopra dello sport. Il colpo di carabina, anche sul placido capriolo che bruca, ignaro, teneri virgulti è il grido alto dell’uomo alla natura, la logica conclusione di relazioni profonde, che ad essa indissolubilmente lo legano.
Le albe con i veli tenui di nebbia o con il fragoroso scarlatto del cielo; gli sfarzosi tramonti; i boschi screziati dal mutevole colore delle foglie; le praterie alpine rosse di rododendri e di mirtilli, come una laguna infuocata; i cieli blu cobalto, i cibi rusticani, gli amici sinceri, il roco bramito del cervo, la corsa sfrenata del camoscio sulla neve immacolata sono i simbionti della caccia. Ma non sono la caccia.
La caccia è lo struggente piacere di sentirsi vivi in modo che sembra beato. Inserirsi nello spazio che ci circonda e indossarlo come un mantello, grati di tanta generosità.
Ma forse è tardi. Il giorno declina per la caccia. Le ombre fanno scura e maligna la terra; gli dei silvani si stanno addormentando.
Lassù, però, c’è una virgola di luna in un cielo che pare velluto. E chissà se verrà giorno.
M.C. di Danilo Liboi & C.
Category: Dite la vostra, Libri/Riviste
Comments (3)
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Meno male che il Diritto Romano ancora ci tutela da chi vede la caccia come un bene da privatizzare. Forse nei CA è particolarmente vero quanto descritto nell’editoriale, o forse la vicinanza dei paesi centroeuropei, con la smania di scimmiottare sempre le tradizioni altrui, (forse per mancanza di tradizioni proprie???) vorrebbe importarne anche leggi e regolamenti (vade retro).
Lo scrivente dal quel di Toscana (e tanti altri suoi colleghi), sta benissimo con le proprie leggi, regolamenti e tradizioni. MAI ho sentito cacciatori di selezione parlare come descritto nell’editoriale, anche perché non sarebbero cacciatori ma bracconieri. Con 2-6 caprioli, 1-3 daini (o 1 muflone), 1-2 cervi, 1-?? (tanti) cinghiali nelle aree bianche, più gli abbattimenti in ex art.37 (ma quella non la considero caccia) che senso ha bracconare??? Forse nei CA dove i piani sono più magri, c’è chi vuole di più???…ma allora passa un confine da cui non si torna più indietro. La selvaggina non è né regalata, né può avere un valore economico in quanto tale, altrimenti la filosofia della caccia secondo la poesia che l’anima va a farsi benedire. E’ tutta questione di passione, sudore (tanto sudore), camminate infinite, sotto l’infinito cielo: questa sensazione di libertà che non ha prezzo…e mi fermo subito perché ci vorrebbero anni per esprime tutte le emozioni coinvolte…
Marco il tutto dipende dai censimenti dei capi e dal numero dei cacciatori di selezione presenti nel C.A.
Se in un C.A abbiamo un piano di abbattimento di 300 capi di Cervo ed i cacciatori di selezione nel sono solo 100 ad ogni cacciatore vengono assegnati 3 capi a testa,perchè il piano di abbattimento va rispettato il più possibile,anche se di norma i piani raggiungono circa il 70/80% del piano.
La stessa cosa vale per tutti gli altri ungulati, Capriolo, Cinghiale, Muflone, Camoscio.
Perciò può capitare e capita in alcuni C.A che hanno un buon numero di ungulati, al cacciatore di selezione di norma vengono assegnati anche 5/6 capi annui.
Tieni presente che da noi a Como chi fà la caccia di selezione agli ungulati effettua solo ed esclusivamente questa forma di caccia a questi è inibita ogni altra forma di caccia compresa la migratoria.
Di contro la caccia di selezione con esclusione di alcuni periodi in cui è chiusa.
Per regolamento provinciale e legge regionale,può essere effettuata per 55 giorni annui e parte, dal 2 Giugno,con Capriolo e Cinghiale, e va fino al 10 Febbraio per il Cinghiale.
Quindi Ferdinando a maggior ragione, visto che anche da noi il regolamento è pressoché identico, nel senso che chi come me ha scelto la forma di caccia con opzione D (può effettuare la caccia in via esclusiva agli ungulati) ed è interdetto da altre forme di caccia (mentre chi è opzionista C può effettuare sia la caccia agli ungulati che altre, forme di caccia, ma non può avere più di un distretto per specie, sempre che le specie ricadono nel suo distretto del capriolo…è un po’ lunga da spiegare). In più, visto che i piani di abbattimento sono abbastanza alti (anche qui), per completarli occorre uno sforzo di caccia abbastanza sostenuto (tieni conto che qui si può andare a caccia di selezione 5 giorni alla settimana dal 15 giugno sino al 15 marzo…anzi fine aprile perché poi ci sono i censimenti primaverili) il che comporta nel mio caso una media di 3000-3500 euro di gasolio/anno più le quote capriolo, daino, ATC, porto d’armi…per non parlare del cervo (questo anno solo di cervo se ne vanno 1150 €) ed autostrada…il che porta il totale abbondantemente oltre i 5000 €…QUINDI PROPRIO REGALTA NON MI SEMBRA “LA GRANDE SELVAGGINA” COME RECITA L’EDITORIALE…ma è una grande passione e le passioni non hanno prezzo…. In merito ai numeri, anche qui dipende dal numero di iscritti ai vari distretti/comprensori…con la differenza che con alcune specie i piani sono s scalare, questo porta a fine stagione a selecontrollori che a fine stagione possono aver abbattuto anche 10 daini (o più) e chi nessuno…vuoi perché escono poco..vuoi perché non sanno dove trovarli..idem per il muflone ma con numeri molto minori e anche per il cervo dopo la prima assegnazione in cui normalmente dal 1 febbraio il piano va a scalare, ma solo sulle classi maschio giovane, piccolo, subadulta e adulta…ovviamente adulto e subadulto rimangono assegnati.
Capitolo a parte il cinghiale in battuta e poi altro ancora il cinghiale nelle aree bianche (non vocate)…e poi l’articolo ex. 37 (martedì e venerdì)…insomma dalle mie parti fra contenimento e caccia uno è occupato 365 giorni all’anno…tutto questo lungo elenco per rispondere all’editoriale…i selecontrollori bracconieri??? NON ESISTE!! E POI RIBADISCO I BRACCONIERI NON SONO CACCITORI!!!!!!!!