Continueranno ad ammazzarli
Continueranno ad ammazzarli
Ci risiamo! Un altro animale protetto preso a fucilate. L’orso marsicano trovato morto in Abruzzo la settimana scorsa e per il quale, in un primo momento, si sospettava un decesso da avvelenamento aveva invece 5 pallettoni in corpo. Se non è veleno è piombo! Per gli altri animali come volpi e lupi sono pure tagliole e lacci.
Qualcuno si è assunto la briga di chiedersi il perché? Esiste ancora in questa Italia animal friendly, radical-ecology, green energy, mcdonaldizzata una persona, dico una sola persona autorevole (l’opinione dei piccini conta nulla) che dal mezzo di tutto questo bel ciarpame “nature lovers” alzi la testa, apra gli occhi e si chieda: perché tutto ciò accade?
Innanzitutto facciamo una distinzione. Chi ora svia le indagini sui veri motivi di queste stragi e sulla possibile, anzi , l’unica soluzione percorribile, appartiene a due categorie ben distinte, molto lontane tra loro negli scopi di occultamento della verità, vicinissime nelle false soluzioni da dare in pasto al popolino. C’è la categoria di chi dovrebbe tirare fuori i soldini per i danni commessi da questi animali (soldini che spesse volte veramente non ci sono) e quella degli ambientalisti in generale che vive spesso con i vari finanziamenti in progetti improbabili di re-inserimento di specie che, dobbiamo dirlo, rappresentano un vero problema di convivenza con la gente che deve vivere quotidianamente con questi “animals business”.
Vorrebbero farci credere che la morte degli orsi o dei lupi è opera della caccia, di qualche bracconiere che spinto dalla “passione” per ammazzare questi animali, rischia la galera. Vorrebbero farci credere, come ho letto sul quotidiano “Repubblica”, che esiste una correlazione tra questi crimini e quelli commessi sugli animali domestici come i cani o i gatti, tutti problemi causati da qualche non ben definita patologia psichiatrica. Insomma, il malato mentale che ammazza lupi e orsi parrebbe affetto da profonda violenza interpersonale e devianze demoniache che sfociano inevitabilmente anche in crimini contro gli umani. Serve l’esorcista? No! Basterebbe cercare, come avviene per tutti i crimini, il movente di questi gesti. Dove si cerca? Anche in un bar del paese per esempio, parlando con la gente dei luoghi in cui vivono orsi e lupi. Semplice no? Ovviamente la società “urban ecology animal friendly” mica si abbassa ad ascoltare la voce rurale. Si sa che orsi e lupi non si devono toccare e devono riprodursi crescendo sempre di numero mentre al bracconiere che ha sparato o avvelenato, con tanto di taglia di 50.000 euro sulla sua testa, se catturato diverrà oggetto di tortura.
A nessuno di questi “salvatori” dell’ambiente è venuto in mente di informarsi sui danni enormi commessi da questi animali, sulla spaventosa burocrazia per avviare la richiesta dei risarcimenti, sulla effettiva reale consistenza di questi rimborsi, sui tempi del rifiuto o dell’accettazione della domanda di risarcimento.
Molti allevamenti di pecore, capre o altri animali sono costretti a chiudere, gli allevamenti familiari di animali da cortile in alcune zone non esistono neanche più, causa continue razzie di lupi, orsi e volpi. Chi resiste ha deciso di farsi giustizia da solo!
Se non ci si mette in testa che nei progetti di inserimento che fruttano anche soldi (12 milioni di euro per 10 orsi del Trentino?) il punto principale da affrontare deve riguardare la povera gente che deve convivere con questi animali e non il business turistico, queste stragi non finiranno. Continueranno ad ammazzarli!
Massimo Zaratin
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Category: Abruzzo, Dite la vostra
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L’amaca di oggi (La Repubblica, 12/09/2014)
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Se in morte dell’orsa #Daniza si spendono tante parole (molte delle quali a sproposito) non è solo per la bestia. È per quello che rappresenta ed evoca, la natura meravigliosa e spaventevole (meravigliosa anche perché spaventevole), il nostro rapporto svanito con la carne e lo spirito del mondo, con la foresta oscura e il pascolo che arde di luce, il terrore di avere perduto per sempre l’aria l’acqua e l’erba del nostro glorioso passato di cacciatori, raccoglitori, esploratori, l’inaccettabile coscienza di averlo fottuto noi, il mondo, con il nostro folle proliferare e costruire.
Il pianto non è per l’orsa, è per noi stessi che fummo natura e non lo siamo più, e di questo snaturarci abbiamo una grande e legittima paura, e non per caso, ogni volta che possiamo, guardiamo trepidanti la vita selvatica, la sua feroce innocenza onnivora (mica è vegana, la natura, men che meno l’orso) e ci scopriamo oramai intrusi, ex bestie ormai migrate nell’artificio e nella tecnologia, però con gli occhi lucidi e il cuore che batte quando ci capita di incontrare il cervo, l’aquila, l’orso.
Non è per animalismo, capite, è per umanità che ci dispiace per Daniza. Perché senza orso (e balena, elefante, tigre, rinoceronte) non avremo più niente da ricordare e dunque più niente da sognare. Urge rivedere “L’orso” di Jean-Jacques Annaud e “Dersu Uzala” di Kurosawa.