Il manager ha perso il treno

| 4 aprile 2014 | 2 Comments

Il manager ha perso il treno.

Sergio GunnellaBasta un cappello bisunto, un tesserino sdrucito, un incarico di custode, di usciere o di raccattapalle da quarta divisione per trasformare una persona dal carattere mite in uno spara sentenze impietoso e implacabile. E’ una caratteristica insita in molti di noi, italianucci di borgata, abituati come siamo da secoli ad abbassare la testa, a obbedire, a essere censurati. Se ci sentiamo investiti di autorità, anche se minima e insignificante, subito ci scateniamo e godiamo a tutto tondo del nostro ‘no’. Proferiamo questa negatività sbarrando il passo all’ ‘intruso’ con baldanza, ci opponiamo corpo a corpo, perché chi chiede giustizia, chiarimenti, o più semplicemente informazioni, è sempre ‘uno’ che viene a sconvolgere la quiete del videogioco o del cruciverba a cui stiamo lavorando con impegno e dedizione. Oddio, è vero che ci sono impiegati buoni, uscieri coscienziosi, amministratori col senso dello Stato nel cuore. Per fortuna - voglio aggiungere - questi sono la maggioranza.
Tuttavia, ciò non toglie che sia arrivata l’ ora di dire basta alla prosopopea e alla prepotenza degli altri, quasi che l’ apice conquistato da costoro sia frutto di grazia ricevuta, mentre sappiamo tutti che certe carriere si fanno all’ ombra del potere e della politica, per poi naufragare inesorabilmente nella marmellata della corruzione.
Ogni giorno assistiamo a inchieste giudiziarie da cardiopalma: nasce l’ Expo ed è subito speculazione; si parla di Finmeccanica, e giù malaffare; protezione civile col direttore impelagato in storie di sesso e imbrogli, il politico di Roccacannuccia che strizza l’ occhio al mariuolo, il servitore dello Stato che ‘arrotonda’ con una miriade di incarichi a dir poco sbarazzini. Insomma è un vero e proprio delirio. Ma datosi che chiodo schiaccia chiodo, dopo qualche ora, nessuno ricorda più un fico secco. Siamo – ahimè – una manica di incalliti smemorati: uno scandalo copre l’ altro e la nostra memoria, pur se allenata, fa una fatica boia a districarsi fra i mille rivoli di un malaffare ormai generalizzato. Al cittadino passabilmente onesto, al contribuente moderatamente sincero, vien da svenire, sepolto com’ è dal sospetto di essere considerato un babbeo, un capro espiatorio, una vittima sopraffatta da una montagna di sterco. E i furbi, pur se dotati dell’ intelligenza degli stolti, continuano imperterriti a sghignazzare su rombanti fuoriserie e ad abbronzare la propria cotica su mari che, mi viene da dire ‘per fortuna’, pullulano di squali e di pirati. Dice l’ ‘uomo nuovo dei treni italiani’ - al secolo Mauro Moretti -: ‘se il rottamatore fiorentino mi taglia la merenda, m’ incazzo e me ne vado’. Ogni commento è inutile: solo il grande Petrolini potrebbe riprendere questo filo facendoci scompisciare dalle risate; ma Ettore, si sa, i treni di Moretti non li ha mai conosciuti. E neppure le sue sparate da baraccone, ivi comprese le frane, i deragliamenti, le carrozze inaugurate da Masaniello, i ritardi Colombiani, i cessi da sturbo, la polvere, le tappezzerie rattoppate, gli scompartimenti freddi d’ inverno e asfissianti d’ estate. Non lo dico io, ma i pendolari, sacrificati sull’ altare della sopportazione a tutti i costi, quelli che si alzano ogni giorno alle cinque del mattino per andare a lavorare con la nebbia e col gelo o con la canicola del solleone.
Allora su, caro manager Moretti, impara a respirare con naso; rinuncia al 25% dei nostri 850mila euro lordi che qualcuno ha deciso di regalarti ogni anno, o abbandona il disturbo. E se proprio decidi di lasciarci, fallo ‘a piedi’, tanto il treno al quale ti ostini ad attaccarti continua ad arrivare dannatamente in ritardo! Dai ai comuni mortali un segnale. Vedi mai che il tuo esempio non venga seguito da tutti i manager del mondo.
Noi, avvezzi a vedere certe cifre soltanto al gioco del Monopoli, eviteremmo così di essere travolti dal populismo, dalle frange xenofobe, dai tribunali improvvisati da tribuni elucubranti che urlano uno slogan e subito dopo il suo contrario, razzisti senza nessun altro ideale che non l’ egoismo territoriale, geopolitico, etnico e autarchico. Aspirante esule che vieni da Rimini, sappi che gli italiani, pendolari o no, non ne possono più di ruberie e di malaffare, di mangiate a sette ganasce, di arroganza e di sfrontatezza al limite della decenza. Abbiamo tutti bisogno di moralità e di senso civico. Così come di treni puliti ed efficienti. Puntuali, non solamente alla stazione successiva, ma all’ appuntamento fissato dalla Storia.

Sergio Gunnella

 

 

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Comments (2)

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  1. Ezio scrive:

    Ci sono persone che continuano ad intendere professioni o posti di servizio, come professioni o posti di potere.
    E poi dimenticano anche che il potere implica RESPONSABILITA’!!

  2. Giacomo scrive:

    Il guaio è che ci sono state e ci sono ancora persone che hanno scambiato il datore di lavore per uno su cui si può dettare legge e autorità ! E’ ora di farli rinsavire. :-? Salutiamo l’uomo dei boschi.

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