La nuova sottospecie: Homo sapiens urbanus
La nuova sottospecie: Homo sapiens urbanus
La vita rurale e l’essere selvatico inteso come vita sociale e quotidiana verso l’autosufficienza e l’autosostentamento, non fa più parte del patrimonio genetico dell’uomo civilizzato, tra l’altro essere civilizzato/educato/rispettoso è un termine anche tanto abusato, perché sfido chiunque a dirmi chi è più civilizzato/educato/rispettoso se un nativo Indiano d’America o un nostrano “Urbanus”. Oggi tutto ci allontana dalle nostre origini, quando l’uomo era un raccoglitore di bacche e piante eduli, un cacciatore, un pescatore e poi un agricoltore e allevatore. Pochi esseri umani cosiddetti civilizzati in particolare quelli che vivono nelle grandi città, appunto gli “Urbanus” in caso di necessità anche temporanea, sarebbero in grado di sopravvivere in ambiente naturale e selvatico anche per poche ore. Il patrimonio genetico di questi, la manualità, l’apprendimento, l’adattamento, la rudezza, la forza, la sensibilità naturale ed il senso del selvatico, si è perso in nome di un progresso scellerato e di uno sfruttamento incontrollato delle risorse naturali, il tutto per far posto alle mille comodità finanche inutili e ad uno esasperato consumismo volto solo allo spreco dove nulla viene riciclato e mantenuto, ma al contrario un continuo uso e getta. Il tutto a discapito dell’ambiente e del nostro essere uomo.
Pochi di noi sono per il completo riclico delle cose e quindi del loro riutilizzo, che siano oggetti o che siano prodotti naturali. C’è chi, anche con difficoltà, pratica da anni una vita sociale e quotidiana rivolta verso l’autosufficienza e l’autosostentamento come da sempre hanno fatto e praticano tutt’ora molti “popoli nativi”, chiaramente per ovvi motivi, non ci si può escludere totalmente dalla modernità che per il momento ci ingloba tutti, ma in ogni caso quei pochi eletti rifuggono il consumismo, rifiutano lo spreco e il sistema dell’usa e getta. Pochi sono ancora dei raccoglitori di bacche, di frutti del bosco e di piante eduli, pochi ancora dei cacciatori e pescatori, ma anche orticoltori ed allevatori. Tutto questo porta a vivere serenamente il quotidiano a contatto diretto con la terra, la ruralità, gli animali e la natura, lontano dai ritmi frenetici e del caos cittadino. Nel rispetto dell’etica e delle normative questi sfruttano a pieno tutte le risorse naturali rinnovabili. Questi pochi eletti non sprecano denari dietro a vestiari di moda od altre mode in uso del popolo degli “Urbanus”, vedi i telefoni cellulari, computer, automobili moderne, etc.. Utilizzano un abbigliamento semplice, essenziale e pratico ma robusto che dura nel tempo, pochi capi secondo le stagioni e secondo il giusto stile di vita, il tutto senza stupidi fronzoli e belletti. Per riscaldare casa e cucinare c’è chi ancora utilizza la legna, quindi caminetto e cucina economica. Per l’alimentazione solo carne e pesce chiaramente cacciata e pescata, quindi proteina sana e non imbottita di prodotti chimici, ma anche allevamento animali da cortile ed orto naturale, pane, pasta, pizza e dolci fatti in casa, per non parlare di uova, formaggi, olio e salumi, rigorosamente di produzione propria. Al contrario l’Homo sapiens urbanus non mangia il pane del giorno prima, basti vedere quanto pane dai forni, tra l’altro pane fresco del giorno precedente, viene buttato perché non più vendibile, non più bello alla vista, al tatto, al palato. Per non parlare dei mercati e frutterie, anche in questo caso il più delle volte verdure e frutta appena intaccate ma non più vendibili per l’Homo sapiens urbanus e quindi buttate. Quanto inutile spreco, cibo inutilizzato dagli schizzinosi che potrebbe invece essere utilizzato, almeno per i meno abbienti e più bisognosi.
Proprio nelle città assistiamo ormai da qualche tempo a dei veri mercatini di cose usate, dove i nomadi andando letteralmente per secchioni dell’immondizia recuperano e riciclano tutti gli oggetti che l’Homo sapiens urbanus getta via perché non più alla moda oppure guasti e dove la voglia di ricomprare sempre il nuovo ed alla moda impone a questi Urbanus di non riparare gli oggetti. Ebbene è curioso vedere in questi mercatini i tanti Urbanus, ed in particolare proprio nei giorni scorsi di feste natalizie, comprare oggetti usati ma totalmente revisionati e rimessi a nuovo splendore, quindi riciclati. Loro, gli Urbanus, acquistare i loro stessi oggetti gettati via. Quanta stupidità civilizzata.
Nessuno individuo della specie Homo sapiens in particolare “l’Homo sapiens urbanus” è esente, o escluso dal creare danni all’ambiente naturale, anche indirettamente, perché proprio questa fame di modernità, di volere tutto e di più ad ogni costo alimentando sempre più questo consumismo che sta portando il pianeta terra verso l’irreparabile.
Non sono esclusi neanche tutti quelli che professano una alimentazione senza l’uso o sfruttamento degli animali, anche loro sono colpevoli di fare danni all’ambiente naturale. L’ambientalista che si professa anticaccia o antipesca, l’animalista vegetariano, questi se non usano scarpe in cuoio le usano in materiale sintetico che è derivato dal petrolio, se usano una pelliccia ecologica anche questa viene dal petrolio, se usano una cinta sintetica anche questa è derivata dal petrolio, si muovono con l’auto ed inquinano l’aria, utilizzano centinaia di prodotti di plastica ed anche questi vengono dal petrolio, plastica che poi non è biodegradabile e quindi inquinante, utilizzano l’energia elettrica ed altre risorse energetiche per tutti i tipi di elettrodomestici e strumenti elettronici quindi sempre sfruttamento delle risorse e tanto materiale inquinante, con che cosa riscaldano le proprie case, sempre sfruttando risorse energetiche ed inquinanti. Ma anche il mangiare cosi detto sano, genuino, biologico lo è solo con l’uso di concimi naturali e quindi in gran parte a base di letame, letame che viene dall’allevamento degli animali domestici da reddito. Altrimenti, se mangi vegetariano non proveniente da agricoltura biologica, ma da agricoltura intensiva, questa utilizza solo prodotti chimici altamente inquinanti e dannosi alla biodiversità, prodotti chimici persistenti anche negli anni nel ciclo vitale. Volutamente voglio estremizzare ma forse neanche tanto: il tagliare o peggio strappare dalla terra una vita vegetale per cibarsene, vuol dire ferirla, ucciderla e lo riprova il fatto che la linfa bianca o incolore sgorga dalla parte recisa, come cercare di porre rimedio ad una morte molte volte annunciata, ma la pianta proprio per la sua specificità di essere vegetale non suscita emozioni ai più. Ma aggiungo, sono esseri viventi come gli stessi animali.
In pochissime parole ogni nostra attività del quotidiano, ogni oggetto che usiamo, ogni cosa che possediamo ha provocato e provoca uno sfruttamento delle risorse naturali e rinnovabili e nella maggioranza dei casi con effetti devastanti sul pianeta. L’Homo sapiens ed in particolare “l’Homo sapiens urbanus” è solo un grande ipocrita non in grado ad ergersi a paladino difensore della natura.
Per i nostri antenati i “popoli nativi” l’inseguimento, la cattura e l’uccisione di un animale era ed è sempre accompagnata da riti propiziatori alla caccia e da preghiere o riti di ringraziamento alle divinità della natura selvatica.
Nell’universo naturale selvatico, che da sempre ci ha affascinato e continua ad affascinare e commuovere le sensibilità umane, esiste solo un dogma - la vita: nascere, crescere, nutrirsi, riprodursi, in un susseguirsi di predati e predatori per ritornare poi tutti dalla terra, in un ciclo naturale della vita e della morte di tutti gli esseri viventi che siano animali o piante. Da sempre la sofferenza è una parte essenziale della vita e senza la morte non ci sarebbe la vita. La caccia, la pesca, l’agricoltura, l’allevamento, in poche parole tutte le attività agro-silvo-pastorali fanno parte dell’essere selvatico tramandato dalla cultura, dalla storia e dalle tradizioni ed impresso nel patrimonio genetico ancora di molti. Questo patrimonio va preservato, difeso ed incentivato.
L’uomo è solo un ospite temporaneo nel sistema naturale della vita selvatica, non quest’ultima che deve sottostare alle leggi dell’uomo ed essere plasmata ed ingabbiata, ma al contrario è l’uomo che deve adattarsi alle leggi della natura selvatica e da questa trarne sostentamento fisico e spirituale. Il tutto nel rispetto delle risorse rinnovabili.
Stefano De Vita
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Stefano De Vita, classe 1958, ama definirsi un selvatico solitario che è riuscito a concepire il proprio stile e filosofia di vita usufruendo dei frutti che gli da la natura: con la caccia, la pesca e tutto quello che produce la terra, praticando da anni insieme la moglie Laura una vita basata sull’autosostentamento e l’autosufficenza, riciclando il più possibile, che siano oggetti o che siano prodotti naturali. Ha fondato associazioni e gruppi di ricerca scientifica ornitologica e autore di numerosi articoli su caccia, pesca, zootecnia, cinofilia, gestione faunistica. Allevatore di Springer Spaniel Inglesi e Bassotti Nani Pelo Duro.
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Comments (21)
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“”…. è l’uomo che deve adattarsi alle leggi della natura selvatica e da questa trarne sostentamento fisico e spirituale. Il tutto nel rispetto delle risorse rinnovabili…”"
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Ottima conclusione Stefano….
Mi domando quanti di noi che leggeranno questo interessante articolo vedranno l’andare a caccia o il passeggiare nella campagna un modo di vita distante da l’Homo Sapien Urbanus . Credo pochissimi se non nessuno ,compreso il sottoscritto.
Per andare sul posto da noi preferito andiamo in macchina, usiamo il cellulare anche quando potremmo farne a meno e ci incazziamo se ha le batterie scariche o non c’è campo , adoperiamo cartucce di plastica per la caccia e fili di nylon per la pesca ; magari lasciando qualche bossolo nell’erba ( cosa sbagliata ! ) o affondare metri e metri di lenza perche persa per rottura( non per colpa nostra ma resta comunque un danno fatto )
Come società umana peschiamo strascicando reti a poche miglia dalla spiaggia uccidendo tutto quello che c’è da uccidere, ammazziamo animali da allevamento a milioni, se non miliardi, in una volta sola per riempire i banchi dei supermercati dove anche la Signora del cacciatore compera la fettina o il petto del pollo. Poco ci importa al momento se queste carni sono intrise di estrogeni della crescita perche fruttino di più ed in breve tempo .
Coltiviamo ettari ed ettari con una solo tipo di pianta ,quella che ci chiede il mercato del momento, irrorandone i fusti di veleni antiparassitari che diventano immediatamente anche veleni per uccelli ! Ci lamentiamo subito schifati se troviamo il vermetto nella mela , o un ragnetto sulla pannocchia di mais .
Non saremmo capaci di scampare a più di una notte persi nel bosco intricato, perche incapaci di costruirci un riparo o accendere un fuoco amico senza avere l’accendino in tasca ; anche avendo questo oggetto forse non riusciremmo a trovare tra le piante quella che ,anche in caso di pioggia, riesca a mantenere la secchezza adatta a fare da esca alle scintille . Non sapremmo quale corteccia o quale albero adoperare .
Siamo Homo Sapiens Urbanus, che ci piaccia o meno, ma , cerchiamo in tutti i modi ,sempre leciti, di immergerci per qualche ora in quel paradiso che ormai ci è negato dalla nostra stessa condizione di uomini della nostra era fatta di BIT e microcip. Fino ad ora SOGNARE non è reato ,tantomeno peccato vero gli Dei
Evidentemente la scelta di Stefano de Vita è una scelta dettata da una “”possibilità “”in più che solo Lui e pochi altri hanno, o semplicemente, il grande DONO di avere.
BEATO LUI !
buonasera renzo,come non condividere le sue parole.
Renzo, alcune cose si possono scegliere, altre no.
Già il fatto che riusciamo a scegliere il “buono” o almeno il “meno peggio” è cosa giusta.
Uso il più possibile cartucce di cartone, non uso beeper (anche se a volte ne sento la mancanza), spengo il cellulare o lo tengo a casa quando vado a caccia, … giusto per citare qualche esempio.
Poi te l’ho già detto, l’essere rurali è anche ….o per quelli che “non possono” esserlo nella realtà perchè magari vivono in un condominio nel centro di Milano, ….soltanto una condizione dell’animo.
Io non lo lascerei a casa il cellulare in special modod quando si va a bekke ! Almeno questa invenzione dell’homo sapiens lasciamola passare. Parere personale.
Salutiamo
Giacomo, tanto sta sicuro che ti ritrovano subito!! anche senza cellulare!!
Giustissimo, Giacomo! Però noi cacciamo sempre in due, spesso comunque non prende di suo a causa dei luoghi ma anche se lo tengo spento per qualche ora non credo caschi il mondo.
Dirò di più, ottimo tutto l’editoriale.
Grazie Stefano
(n)
Spero che Stefano De Vita abbia inviato questo splendido “pezzo” a TUTTI i mezzi di disinformazione di massa.
Magari cambiando solo il titolo in “Homo insipiens urbanus”
perfettamente d’accordo!
…già, dimenticavo SPLENDIDO PEZZO … purtroppo mi ero dilungato e mi ero scordato di aggiungerlo.
Stasera esperimento culinario, colombacci con latte porri e timo…. per me buttovia ognicosa!!
Pure cuoco fantasioso!!
Sei al top!!
E’ una ricetta creola ! NON BUTTARE NULLA ! Buon appetito !
Mi raccomando : chianti novello !
Non erano male, ma son sempre duriiii porca eva alla fine proverò a sbatterli su un sasso come con i polpi!
l’uno o il “due” che prendo io all’anno li faccio bolliti. Amen!
Come fa la mi mamma, prima li fà bollire con un pò d’acqua poi toglie l’acqua e ci mette olio salvia e vino bianco, oppure in umido ma in entrambi i casi li fà cuocere fino alla deformazione del tegame!!
X Fiore: prova a bollirli x 1 oretta(buttali quando l’acqua bolle)’poi spellali e spolpali……..poi falli alla pizzaiola(su ghetto con origano), preparali la mattina e li mangi a cena……..poi fammi sapere……ciao Fiorellooooooo!!!!!
Oggi me ne sono ingozzati due alla bolognese; uno tenerissimo (segno evidente che era giovincello) ma l’altro doveva essere sicuramente il trisavolo dei colombacci. In ogni caso con un bel bicchierozzo di primitivo doc di Manduria: una vera goduria. E…………………prosit.
Grande Stefano
disamina di un mondo pieno di controsensi
http://www.lastampa.it/2013/01/10/societa/la-meta-del-cibo-prodotto-finisce-nella-spazzatura-6a2WDagGRO7HZO55eRnLFP/pagina.html